Il Teatro dell’Oppresso

è un metodo teatrale sviluppato negli anni ’60 da Augusto Boal, prima in Brasile, poi in Europa, e oggi diffuso e praticato in molti paesi del mondo.
E’ un teatro sociale e politico, che si propone di sviluppare la naturale teatralità umana per riconoscere, analizzare e trasformare le situazioni di disagio, malessere, conflitto e oppressione.

In Brasile, a Rio de Janeiro, nei quartieri popolari di Rio, ogni mattina che andavo a lavorare con mio padre, vedevo tutti quei lavoratori e vedevo come erano oppressi. E sempre mi sono preoccupato di loro. Ero affascinato da come potessero non ribellarsi.
A quindici anni, ho iniziato a scrivere opere teatrali su di loro, ho detto: “Insegnerò loro cosa devono fare per combattere”. Così sono entrato nel filone del teatro politico.
E un giorno ho capito che non ne sapevo più di loro, se non in teatro. A teatro, sì, ne sapevo di più. Ma le loro vite, loro ne sapevano più me.
Augusto Boal (liberamente estratto da un’intervista del 2007)

Il Teatro dell’Oppresso non si fa per gli spettatori ma con gli spett-attori, coinvolti per esplorare e mettere in scena la realtà che vivono e quella che cercano.

Il TdO è un metodo aperto

perché evolve continuamente, in osmosi con la storia, l’ambiente sociale, l’interazione con altre tradizioni e linguaggi.

è maieutico

perché non porta ideologie o verità, ma permette alle esperienze di emergere.

è collettivo

perché trova la sua direzione nella ricerca condivisa di alternative.

Nasce perché gli oppressi possano aprire un dialogo tra loro e con altri e trasformare situazioni concrete di oppressione: quelle che vivono ogni giorno, non le astrazioni concettuali come “il capitalismo”, “la scuola” e così via.

Chi sono gli oppressi

Nel 1981 Augusto Boal scrive che il Teatro dell’Oppresso è nato come “risposta estetica e politica all’intollerabile repressione che si esercita oggi su quel continente insanguinato che è l’America Latina, dove ogni giorno decine di uomini e donne sono assassinati dalle dittature militari che opprimono tanti popoli; dove uomini e donne del popolo sono fucilati nelle strade, cacciati dalle piazze pubbliche; dove le organizzazioni popolari proletari e contadine, studentesche e artistiche, sono sistematicamente smantellate e distrutte, dove loro leader sono imprigionati, torturati, uccisi o esiliati.” [Augusto Boal, Il Poliziotto e la Maschera, Edizioni La Meridiana, 1993 Molfetta – pag. 29]

Boal stesso riconosce l’esistenza di oppressi e oppressori anche in Europa: “Se qui l’oppressione è più sottile, può essere che i mezzi per combatterla debbano essere più sottili; […] se è più complessa, l’analisi che potremmo fare sarà forse essa stessa più complessa” [Augusto Boal, opera citata – pag. 30]